Bergamo città di pietra

La Cappella Colleoni vista da un costruttore

Le pietre sono le nostre parole, il nostro vocabolario. Nelle nostre aziende la litoteca è area sacra, è il cuore del sapere, come la biblioteca per un istituto universitario.

Per noi costruttori bergamaschi la Cappella Colleoni rappresenta molte cose, ma prima di tutto è la nostra litoteca, il catalogo storico, l’esempio eccelso, l’expo del nostro territorio. Un allestimento fantastico, più di 20 tipi litologici, molti dei quali alloctoni: i calcari neri di Cene, il bianco, rosato e grigio di Zandobbio, il nero assoluto di Orezzo, l’arabescato orobico di Camerata Cornello, l’ardesia di Branzi, la volpinite di Costa Volpino, il marmo occhialino di Ossimo, i marmi rossi di Entratico e di Nese, l’alabastro zonato di Albino e di Lovere, il grigio di Nembro, il rosso di Verona…

In secondo luogo, la Cappella Colleoni vista da un costruttore in quanto imprenditore esemplifica la filiera dell’edilizia in quanto collaborazione e/o conflittualità tra figure diverse, ad esempio tra costruttore e burocrazia (Colleoni vs la Confraternita della Misericordia Maggiore) e tra architetto e ingegnere (Agliardi e Amadeo) e rappresenta il cantiere come luogo dove lavorano gomito a gomito grandi scultori e anonimi scalpellini, umili muratori e affermati pittori come Tiepolo e Capella.

Ma soprattutto la Cappella Colleoni vista da un costruttore con occhio da urbanista è il massimo del contrasto stridente di forma e materia: a 5 metri una dall’altra, tra una cattedrale monocromatica di marmo bianco e una basilica monocromatica di pietra grigia, una più austera dell’altra, ecco questa Cappella – che dovrebbe essere funebre – superlusso multicolore e ultra decorata! Un gioiello incastonato in una piazzetta, costruita addosso alla Basilica dopo averne demolita la sagrestia, a ridosso del palazzo della Ragione, che il Colleoni voleva abbattere per creare una “piazza granda” e dare visibilità alla sua Cappella, risulta probabilmente una delle più invasive e sgargianti superfetazioni mai realizzate.

Super-feto vuol dire costruire, concepire sopra un feto, una creatura preesistente. Una città d’arte con una storia millenaria, in realtà, è tutta una superfetazione. Un costruire addosso, sopra. Sulle mura romane, le mura venete. Sull’arena romana, è il seminario. Non l’abbiamo inventata oggi la riconversione.

Infine, amiamo la Cappella Colleoni perché il Colleoni è l’icona dell’impresario moderno, folle, visionario, che vede il mare in montagna, l’uomo da mille battaglie, mille ferite, mille donne (e otto figlie) che a un certo punto come tutti i creatori di grandi imprese, sente la responsabilità sociale, diventa benefattore, costruisce strade, canali, fattorie, istituti di accoglienza per le ragazze madri… L’uomo tutto d’un pezzo diventa così il primo paladino della collaborazione, lo si vede anche dalla sua Cappella.

Con quella faccia un po’ così, tra l’incazzato e lo scazzato, le spalle larghe, lo sguardo lontano, è l’uomo con i “collioni”, e forse anche un po’ pieni. Il leader che serve sempre.

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