Bergamo città di pietra

Le Mura di Bergamo e i muratori di Bergamo

Stranamente, non sentirai mai parlare delle Mura di Bergamo e dei muratori di Bergamo nella stessa frase. Se ti dico la Divina Commedia, pensi a Dante, se ti dico il Giudizio Universale, pensi a Michelangelo, se ti dico gli acquedotti o gli anfiteatri romani pensi agli antichi romani: ma se ti dico le Mura di Bergamo non pensi mai ai muratori di Bergamo.

Nessuno concepisce insieme i due concetti, nemmeno l’algoritmo. Come se i muratori bergamaschi esistessero solo nei tempi moderni, da quando c’è l’autostrada. Come se le Mura, capolavoro di ingegneria militare rinascimentale, fossero sempre state lì. Le Mura di Bergamo sono patrimonio dell’umanità, i muratori no. Ma qualcuno le avrà pur costruite.

Bergamo aveva allora 15.000 abitanti. Il cantiere delle Mura per 30 anni diede lavoro a 5000 persone. Basterebbero questi numeri. Risulta chiaro come la città, che era sempre stata una città-mercato, aperta e d’indole commerciale, rinascesse in quegli anni come città-cantiere, chiusa e dalla forte identità edile.

Oggi le Mura di Bergamo sono proposte come valore d’attrazione turistica, ma fino a quando non si troverà il coraggio di riscoprire il legame identitario tra le Mura e i muratori, il loro valore resterà di pura facciata, slegato dal fattore umano e dalla storia reale, così come il popolo edile resterà senza radici, senza tradizione, senza l’icona che più lo rappresenta. Si, fu un mega cantiere, una maxi opera devastante, più di un terzo della città fu abbattuta, compresa la cattedrale di Sant’Alessandro. La fisionomia della città cambiò per sempre, e anche il carattere dei suoi abitanti.

Se oggi, dopo 500 anni, le Mura sono diventate un patrimonio storico e architettonico, è giusto che tutti quelli che oggi fanno questo lavoro ne siano fieri. Le Mura di Bergamo e il popolo dei muratori di Bergamo nascono l’una dall’altro.

Coraggio, ammettiamolo, le abbiamo costruite noi.

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